Arrivarono quindi coloro che molto spregiudicatamente seppero volgere a proprio vantaggio anche quell’aspetto politico-culturale dalla valenza molto ambigua (“di sinistra progressista”) (grassetto nostro), facendone il perno di una controffensiva liberale lungamente preparata, la cui avanzata è tuttora in corso e che ancora oggi continua ad agitare gli specchietti per le allodole dei (finti) diritti individuali a totale discàpito di quelli sociali e collettivi.
Capite la portata della sconfitta? Questo equivale a dire che nonostante da allora gli Achei si siano presentati “dona ferentes” al di là delle mura più e più volte infliggendo perdite sempre più gravi, oggi non vengono nemmeno più non dico temuti, ma neanche riconosciuti come nemici, perché “a sinistra” ormai la disfatta culturale – prima ancora che politica – è completa, e il disorientamento che ne scaturisce è paralizzante e profondo.
Niente male come risultato finale; non proprio del tutto “formidabili”, forse, “quegli anni”, vero? Alla fine, e col senno di poi: chi aveva torto e chi ragione? Quelli che lo rimproveravano di mettere alla gogna il Movimento agli occhi dei benpensanti, o colui che scrisse quella (da lui stesso definita) “brutta poesia” provocatoriamente rompeva gli schemi precostituiti e si metteva dalla parte dei “figli dei poveri”, vale a dire dei poliziotti che si scontrarono a Valle Giulia con i “figli della borghesia”?
Questi ultimi, loro malgrado, prepararono la sconfitta ideologica e culturale (prima ancora che politica), oltre che della loro stessa generazione, anche di quelle seguenti, attraverso la messa in discussione di ogni principio di autorità, e quindi anche di quella dello Stato nazionale, l’unico argine possibile al capitalismo cosmopolita distruttore di interi popoli, in quanto unico soggetto democraticamente legittimato a fare le leggi per il bene comune e a farle rispettare tramite l’ uso della forza.
E’ proprio quello stato nazionale che, nato in Francia circa duecento anni prima dalla Rivoluzione della borghesia, che nel corso dell’Ottocento e del Novecento a prezzo di indicibili sacrifici era riuscito a dotarsi di Costituzioni come la nostra, fondate sul lavoro, sulla sovranità popolare e sulla rappresentanza politica, e perciò capaci di estendere i diritti sociali e politici anche a coloro che prima non contavano assolutamente nulla). Insomma, l’avete capito o no che “Nulla è più anarchico del Potere”?
Prevedo la spoliticizzazione completa dell’Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso… Ma sono tutte iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come.
(Pier Paolo Pasolini)
Luca Russi in http://appelloalpopolo.it/?p=31959
E’ proprio vero che a forza di ripeterlo un concetto diventa vero e indiscutibile: è tutta colpa della generazione del ’68 che ha preso il potere! Ma quale potere? Di grazia se sono ancora vivi! Quelli che hanno preso il potere gli ideali di quei tempi (se mai li hanno avuti) se li sono dimenticati da un pezzo…
https://drive.google.com/file/d/0B4o3iSIiDMOYWkU0MXhKZXRIWDg/view