Enrico Mattei se necessario oltrepassava anche lo stato, la burocrazia, i sindaci: se c’era petrolio o metano e non aveva i permessi, iniziava i lavori anche di notte, incurante di tutti. Non c’erano concessioni: ciò che era in territorio Italiano lo estraeva l’ENI per il popolo Italiano. “Esiste una condizione coloniale quando il gioco della domanda e dell’offerta per una materia prima vitale è alterato da una potenza egemonica: anche privata, di monopolio o di oligopolio? Nel settore del petrolio questa potenza egemonica oligopolistica è il cartello. Io lotto contro il cartello non solo perché è oligopolistico ma perché è maltusiano e maltusiano ai danni dei paesi produttori come ai danni dei paesi consumatori.” Così parlava Mattei, l’uomo che attuò un nuovo modo di collaborare coi paesi produttori: alla pari e pacifico, non dall’alto al basso con una mentalità colonizzatrice. Enrico Mattei sfidò le sette sorelle per l’indipendenza e lo sviluppo dell’Italia, e la fine che gli hanno fatto fare la conosciamo tutti. Non è il caso di dilungarsi ora nella narrazione della vita e delle imprese del dirigente dell’ENI, ma ciò che è di vitale importanza è comprendere che ora che la questione energetica è tornata al centro del dibattito, bisogna tornare a parlare di indipendenza energetica ed economica, di nazionalizzazione, di perseguimento degli interessi e del benessere della propria nazione. Bisogna tornare a parlare dell’ENI di Enrico Mattei, perché è da qui che bisogna ripartire.
di Alessio Pizzichini – 18/04/2016
Fonte: L’intellettuale dissidente