Nelle colonie marine, per quanto riguarda i nidi e le materne, ci siamo appoggiati molto al Centro Italo-svizzero di Rimini, che dal punto di vista pedagogico aveva raggiunto un altissimo standard, per cui molte delle nostre insegnanti provenivano da lì. Spesso m’incontravo con la direttrice di questo Centro per discutere dei problemi della scuola materna. Per quanto riguarda il cemea, io ero già andata in Francia per vedere le loro scuole materne, molto belle, e già allora avevamo preso contatto per la formazione del personale: io stessa feci uno stage a Brusson, nel 1951. I nostri insegnanti potevano essere bravissimi, ma non avevano esperienza di gioco, non avevano esperienza di vita comune. Il cemea, invece, preparava veramente sotto questo aspetto. Questi stages li tacevamo non solo per la prima infanzia, ma soprattutto per i soggiorni marini e montani dei pre-adolescenti, e per loro l’organizzazione era più complessa. Con i soggiorni dei ragazzi fra i 6 e i 12 anni, bene o male un’insegnante elementare poteva farcela, ma per gli adolescenti dovevamo cercare del personale più preparato: si richiedeva una cultura diversa, e questi educatori facevano non solo delle inchieste sociali ma facevano anche dei corsi supplementari d’istruzione. II campeggio era un’attività bellissima: la sera facevano danze popolari, facevano i fuochi. La tenda è un’esperienza valida per l’adolescente, perché da senso di libertà, di autonomia personale. Per noi, il ragazzo doveva anzitutto attivarsi, doveva assumere la sua responsabilità personale, avere una vita di gruppo che favorisse lo sviluppo individuale. Ecco: questo era l’essenziale, nelle colonie. Un’altra esperienza molto bella, già nei primi anni, era lo scambio con l’estero: dagli anni cinquanta avevamo cominciato ad accogliere – vedi l’esempio delle ragazze algerine nel campeggio di Brusson – e a inviare in campeggi all’estero quindici, venti ragazzi per volta: in Francia, nei Paesi Baschi, in Inghilterra, nel Centro giovanile di Luton (tanto che poi si formò addirittura il gruppo degli “Amici di Luton”, che vive tuttora). Siccome avevamo le consociate Olivetti all’estero, accoglievamo nei nostri soggiorni anche i figli dei dipendenti di queste consociate straniere: svedesi, belgi, tedeschi… Questi bambini, che provenivano da varie parti d’Europa, s’incontravano soprattutto a Marinella di Sarzana, la colonia che avevamo al mare. La prima colonia marina fu quella di Massa -costruita anch’essa già negli anni cinquanta – di cui dovemmo potenziare le strutture perché le richieste erano sempre più numerose; per cui venne affittata dal Comune questa grande colonia a Marinella di Sarzana, molto bella, che l’azienda dovette adattare. Poi venne affittata la colonia di Donoratico, e l’ingegner Adriano aveva progettato una colonia nella pineta di Ravenna. Erano già stati comprati i terreni.
Cornelia Lombardo in “Uomini e lavoro alla Olivetti“
La foto in alto è tratta dal libro “il boom 1954-1967” curato da Giorgio Olmoti